La notizia del film sull’omicidio della giovane Meredith Kercher è solo l’ennesima puntata di un fenomeno che accompagna ogni fatto di cronaca nera: il morbidity-show,ovvero lo show della morbosità, la spettacolarizzazione di un fatto reale.
E’una sorta di reality-show alla rovescia: in questo caso il morto è vero, ma la tragedia viene sottoposta a un processo di astrazione, deformazione e infine trasformata in fiction.
Ogni giorno, col calare delle tenebre, sfila in televisione la parata di psicologi, giuristi, esperti (veri o presunti) delle materie più disparate, che, come avvoltoi, si ritrovano quotidianamente a parlare in maniera salottiera di fatti orribili, trattati con la stessa leggerezza del più frivolo dei gossip. Seduti in una comoda poltrona, parlano del delitto senza nessun rispetto: anzi, spesso si spingono addirittura fino alla diffamazione della vittima.
La ricerca dei colpevoli e il processo avvengono ormai in diretta TV, come se fosse un gioco di società collettivo.
C’è da chiedersi quale sia il limite, dove finisca il diritto di cronaca e inizi il rispetto per la vittima, per le persone accusate, ma ancora non condannate, per la Magistratura che dovrebbe poter lavorare per celebrare il processo (quello vero).
Quel che è certo è che questo confine è già stato superato e che si dovrebbe tornare indietro.

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