La presentazione del libro di Italo Bocchino che abbiamo tenuto ieri all’Exmà non solo è stata seguita da una buona partecipazione di pubblico, ma è stata, altresì, interessante perché ha richiamato delle persone di destra che, pur non essendo inquadrabili in questo o quel circolo, hanno una grande voglia di partecipare, di dire la propria opinione e di sentir parlare di politica i nostri rappresentati. E’proprio da queste persone fortemente motivate che dobbiamo ripartire: da questa destra che non vuole chiudersi nelle sezioni, ma è fortemente presente nella società. A Cagliari, in particolare, dove abbiamo avuto un ottimo risultato alle elezioni politiche dobbiamo essere consapevoli che i nostri vogliono che anche gli uomini e le donne di An che hanno una carica negli Enti Locali dicano “qualcosa di destra”. Sono tante le iniziative che stanno bollendo in pentola e presto ne darò comunicazione su questo blog.
Riporto, di seguito, la recensione del libro di Italo: uno scritto nel quale molti di noi, soprattutto chi ha un incarico politico, possono identificarsi e che sicuramente conforterà chi vuole verificare la coerenza degli uomini di AN con i principi morali che da sempre ci caratterizzano.
Viviamo in un’epoca in cui, nonostante la ricchezza dei mezzi di comunicazione, i politici preferiscono sottrarsi ad un confronto sulle proprie idee e sulla propria attività e cercano di conquistare consensi con una battuta, un’espressione facciale, un libro in cui, guardandosi bene dal trattare temi “caldi”, discettano simpaticamente con prodigalità veltroniana di figurine panini o di uova Kinder.
L’autore che presentiamo oggi, Italo Bocchino, parlamentare di AN, non si sottrae al confronto, non ha timore di non piacere a qualcuno e ha scritto un libro per parlare delle sensazioni di un giovane militante, divenuto repentinamente un deputato della Repubblica. Lo fa scegliendo opportunamente la forma dialogata con il prof. Abbamonte, docente di Storia della Giustizia dell’Università di Napoli, affinché attraverso lo scritto si abbia la sensazione di partecipare ad una chiacchierata confidenziale con un politico, a microfoni spenti in cui si tratta dell’attività svolta alla Camera, del perché di certe scelte, delle sensazioni e perfino dei conflitti interiori che prova chi ci rappresenta .
Sono le osservazioni di chi si è trovato in giovane età di fronte alle difficoltà di importanti ruoli di governo, alle prese con forti resistenze al cambiamento, provando talvolta un senso interiore di inadeguatezza all’importanza delle decisioni da adottare, talaltra l’orgoglio di appartenere ad una generazione che, pur essendo “di mezzo”, sicuramente denota una maggiore sensibilità morale di quella precedente. Un’inadeguatezza che quei poteri che sono legati fortemente all’immobilismo – Bankitalia, Quirinale, Corte Costituzionale e Magistratura- cercano di farti sentire in tutti i modi. Ogniqualvolta si cerca di portare avanti una riforma una modernizzazione del sistema politico-istituzionale, infatti, sono i primi a gridare che si sta compiendo un attentato alla Costituzione.
Non ho compiuto un calcolo preciso, ma il termine più ricorrente, a proposito di quanto sopra citato, sicuramente è quello della burocrazia: immobilista, conservatrice, assassina della nascente Europa dei popoli, il “vero mostro da abbattere”! Una burocrazia dai cui “gorghi non si esce se non d’accordo con essa” sostiene l’autore, citando Kafka.
Una burocrazia che indebolisce il ruolo del politico, che, insieme ad altri poteri, oppone resistenza ai cambiamenti e risulta più forte di un Parlamento ridotto ad un mero ruolo di ratifica, con poteri fortemente diluiti e dei parlamentari convinti che “Se vuoi tornare in parlamento non ci devi andare”.
Forti sono le resistenze al cambiamento anche della Magistratura, a proposito della quale si ipotizza di cambiare, insieme al rapporto con la politica, anche la mentalità, forse troppo conflittuale nei confronti del Legislatore.
Così come risulta svilito il ruolo dei partiti politici, dediti più ad inseguire i fatti contingenti che una politica vera e propria, irrigiditi dai troppi personalismi. Non sono più nemmeno delle scuole di formazione e sono poco aperti alle intelligenze che emergono nella società. Le vere scuole di formazione sono divenute gli Enti Locali, anche se sarebbe necessaria una riforma che, pur mantenendo fermi i meccanismi della cosiddetta “democrazia diretta”, restituisca dignità alle assemblee consiliari, ridimensionando, così, i personalismi dannosi e dando maggiori possibilità a chi è veramente capace di amministrare la cosa pubblica. I partiti, inoltre, potrebbero utilizzare lo strumento delle liste bloccate per far emergere i giovani preparati e le vere intelligenze di cui potrebbero giovarsi.
Partiti che, secondo l’autore, dovrebbero imparare a dialogare utilmente ed in maniera trasparente con le “lobbies” , dando voce in modo legittimo a quella parte di esigenze che possono coincidere con gli interessi generali della Nazione. Si fa l’esempio nel libro anche del giovamento che potrebbe trarre la politica dalla presenza di un’associazione dei consumatori forte ed indipendente.
Questo è un libro in cui l’autore al contempo si confida e denuncia i mali del sistema politico. Un libro che probabilmente conforterà chi vuole essere rassicurato sulal coerenza di chi ci rappresenta in Parlamento con determinati valori. Nelle conclusioni emerge un certo ottimismo e la speranza che una nuova classe dirigente, più preparata, si sostituisca a quella attuale. E’ un ottimismo giustificato e sentito o è forzato? Possiamo ancora avere la speranza che al Governo vadano oltre alle persone e ai partiti, anche la volontà di cambiamento o questa è destinata a restare in perpetuo all’opposizione?

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